Morte, giudizio, inferno, paradiso

Le ultime settimane dell’anno liturgico ci propongono diversi testi biblici con un tono apocalittico, ricordando gli ultimi tempi, ed il giudizio. Una volta si parlava dei “novissimi”, cioè le ultimi cose: morte, giudizio, inferno, paradiso. Un po’ sono passati di moda … peccato! perché ci aiutano a riflettere sul senso della vita.

Giustamente potremmo chiederci come si può riconciliare la fede in Dio che è Amore (con la A maiuscola), con l’idea del giudizio? O addirittura dell’inferno? Al di là del ripetere sempliciter quello che la Chiesa crede (tanto il Catechismo della Chiesa Cattolica è tutto online, e potete leggerlo qua). Quello che vorrei proporrei è una possibile lettura che considera seriamente tale possibilità.


Come possiamo leggere i “novissimi” oggi?

La Morte è certa. Spesso la nostra società cerca di relegarla lontana, di nasconderla, e se ne parla il meno possibile. Ma dovendo affrontare la morte di qualcuno vicino, caro, specialmente se morto giovane o in modo tragico, ci si pone davanti alla nostra mortalità, alla nostra fragilità. Questo tende a farci pensare meglio di quella che è la nostra vita nell’al-di-qua.

Giudizio. Se veramente credo in un Dio completamente Amore, e completamente Giusto, non posso immaginare che, al momento della nostra morte, il nostro giudizio non rifletta questo di Dio. Dio non sarebbe giusto se non ci rivelasse e mostrasse la pienezza del suo Amore per noi (un amore che su questa terra vediamo solo, al massimo, in un pallido riflesso), se non ci facesse comprendere le mille cose che nella nostra vita di cui non cogliamo il senso, e non ci desse una scelta veramente, completamente libera. (Perché diciamolo pure, qui siamo tutti in libertà condizionata, fortemente condizionata del nostro contesto, la nostra situazione sociale, la nostra formazione, i nostri traumi). Lo stesso sguardo amoroso di Dio diventa giudizio, non giudizio severo, ma giudizio di verità … e la verità su di noi stessi e sul mondo ci rende liberi, perché è una verità catartica. Ed il giudizio guarderà ad una solo cosa: quanto abbiamo amato? Scrisse Giovanni della Croce: “Alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore”.

Purgatorio. Questo processo di catarsi è un processo di purificazione. Più che quantificarlo nel tempo e nel luogo bisogna coglierne il senso. Quello scoprirsi veramente amati, diventa anche una coscienza piena di quanto abbiamo toppato nonostante mille opportunità, di quanto non abbiamo amato pur potendo, di quanto male abbiamo fatto pur potendo evitarlo, una scoperta che permette una nostra purificazione totale nell’abbraccio di Dio. Di questo ho visto un pallido riflesso in alcune belle confessioni, che come sacerdote ho ricevuto nel sacramento della riconciliazione, dove davanti all’amore ed il perdono di Dio, possiamo prendere coscienza dei nostri fallimenti e peccati, ma in modo dove le lacrime agli occhi sono lacrime di liberazione. Se, come sacerdote, ho colto quelle lacrime calde delle persone che, scoprendosi radicalmente amati dal buon Dio, riescono finalmente a liberarsi dal quel fardello di male che si sono tenuti addosso, a volte per anni, quanto più, davanti all’Amore infinito che è Dio, quell’incontro può essere catartico? Non ho detto facile, perché sarà difficile, faticoso, anche doloroso, cogliere quanto male abbiamo fatto (quando avremmo potuto fare altro) e quanto bene non abbiamo fatto (che avremmo potuto fare), ma quella fatica è una buona fatica, che ci purifica e ci alleggerisce.

Paradiso. Stranamente, forse, è quello più difficile da definire. L’Apocalisse parla di “cieli nuovi e terra nuova” (Ap. 22,1). A me forse attira più l’immagine profetica di Isaia (25,6-8)!

Preparerà il Signore degli eserciti
per tutti i popoli, su questo monte,
un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti,
di cibi succulenti, di vini raffinati.
Egli strapperà su questo monte
il velo che copriva la faccia di tutti i popoli
e la coltre che copriva tutte le genti.
Eliminerà la morte per sempre;
il Signore Dio asciugherà le lacrime
su ogni volto;
la condizione disonorevole del suo popolo
farà scomparire da tutto il paese,
poiché il Signore ha parlato.

Umorismo a parte, in quest’ottica dell’amore, il paradiso è quell’unione piena con l’Amore di Dio, che è pienezza della gioia e dell’esistenza. Come ci ricorda San Paolo, sappiamo solo che la nostra vita e corporeatà qui è meramente un seme, e quello che germoglia nella vita eterna non lo sappiamo (cf. 1Cor 15,35-38). Tutte le immagini che possiamo proporre, sono immagini, allusioni, per esprimere l’ineffabilità dell’abbraccio eterno di Dio.

E l’Inferno? Cosa ne facciamo? Come possiamo riconciliare l’idea della dannazione eterna, con un Dio che è Amore? Direi di sì: non esiste vero amore senza libertà, e la libertà di dire di sì deve prevedere la possibilità di dire di no (se no, siamo meramente degli androidi). L’inferno nasce dalla possibilità di una scelta libera totale di dire di no all’Amore che è Dio. Non i piccoli no della vita quotidiana, dove la nostra libertà è condizionata della mille incastri, ma una libertà totale, propria degli esseri puramente spirituali. Personalmente ho dubbi seri che un essere umano, nel momento della morte e del giudizio, davanti alla rivelazione piena dell’Amore che è Dio, sia capace di un tale rifiuto totale eterno di Dio — ma forse sono troppo ottimista! Qui la mia letture è un po’ inusuale, rovesciando la logica abituale. Dio non rifiuta nessuno, non caccia fuori nessuno, non esclude nessuno dal suo Amore, e in fondo nulla sussiste al di fuori di Lui (cf. Col 1,16-17). Da ciò segue che lo stesso inferno non può che esistere in Dio (perché fuori di Dio, nulla esiste nel creato)! Ma come può essere? Quale inferno sarebbe? Secondo me, non solo è possibile, ma quasi quasi è una pena peggiore. Perché lo stesso fuoco dell’Amore che è Dio, che ci abbraccia in modo pieno, che diventa il caloroso abbraccio del Paradiso per gli uni, diventa inferno per gli altri. Non è che Dio vuole allontanarli da Lui, ma sono i dannati stessi che vorrebbero allontanarsi da Dio, vorrebbero esistere lontani da lui, vorrebbero farsi Dio, scoprono che non possono farlo, non posso esistere al di fuori di Lui, non posso sfuggire. Quale pena può essere più forte per Satana ed i suoi, che scoprirsi eternamente sconfitti dall’Amore di Dio, dall’Amore che è Dio?

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