“Se sei figlio di Dio …” – Le tentazioni nel deserto (Lc 4,1-13)

Finalmente, torno — dopo qualche anno! — su questo blog con una proposta nuova di Lectio Divina [clicca qui per altre]. Mi pare buono offrire qualche riflessione sul brano delle tentazioni nel deserto che leggiamo oggi, la prima Domenica di Quaresima. Quest’anno leggiamo la versione nel Vangelo secondo Luca (4,1-13).

Per alcune, pregare con la modalità della Lectio Divina sarà anche famigliare. Per chi è un neofita in questo, sarà utile almeno dare un occhiata a questa piccola introduzione qui. Se desiderata approfondire un po’ di più, troverete qui alcuni indicazioni pratiche su come pregare.


Lectio

Prima di cominciare con un lettura dettaglia e commentata, importante partire con una lettura attenta – in preghiera – del brano di oggi — Luca 4,1-13. Potrebbe essere una buona idea leggerlo dalla Bibbia cartacea (pregare con Bibbia in mano può aiutarci ad essere famigliari con i testo!), oppure anche online, p.e. su Bibbiaedu.it

Solo dopo avere fatto quella prima lettura attenta, vi propongo alcune sottolineature:

[1] Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano. Il brano qui si ricollega con la scena del battesimo di Gesù nel fiume Giordano. Luca (a differenza di Marco e Matteo) inserisce la genealogia di Gesù (un genealogia più lunga e leggermente diversa da quella più familiare di Matteo) tra la scena del battesimo e le tentazioni nel deserto.

[1] ed era guidato dallo Spirito nel deserto. Il deserto, nell’immaginario biblico è il luogo della prova, ma anche il luogo dell’incontro privilegiato con Dio (cf. Osea 2,14), il luogo dell’esodo.

[2] per quaranta giorni. Il numero quaranta è un numero altamente simbolico. Quarant’anni nel deserto sono segno di una generazione intera (così pure i quarant’anni di regni di Davide e Salomone). Quaranta giorni nel deserto ricordano i quarant’anni. Sicuramente anche un tempo “pieno”, completo.

[2] tentato dal diavolo. Il verbo greco peirazo è — in se — più complesso che semplicamente tentare con accezione negativa. Il significato primario di mettere alla prova. Il deserto è il primo banco di prova per Gesù, e non sarà l’ultimo, e neanche il più importante.

[3] “Se tu sei Figlio di Dio …” Questa frase, ripetuta anche nella terza tentazione, mi pare che sia quella centrale. Alla radice, le tentazioni non sono tanto un mirare a cosa fa, ma piuttosto a mettere in discussione chi è Gesù. Nel battesimo, la voce dal cielo gli disse “Tu sei il Figlio mio, l’amato” … e il diavolo vuole proprio mettere questo in discussione la sua identità più radicale.

[3] “di’ a questa pietra che diventi pane”. Le tentazioni nascono da mezze verità. Al di là della fame fisica legata al digiuno raccontato, il pane ha una valenza fortemente simbolica nella Bibbia, e fortemente nella vita di Gesù: basti ricordare le moltiplicazioni del pane e del pesce, con il loro simbolismo, il discorso sul pane della vita in Giovanni, e la scelta del pane come segno sacramentale nell’Eucarestia.

[4] «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”». La citazione di Gesù qui è parziale, con la seconda parte di Deut 8,3 (“… che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore.”). La Parola per eccellenza che esca dalla bocca di Dio, però, non è tanto un testo, ma la Parola con la P maiuscola, il Verbo di Dio, la persona stessa di Gesù. Sarà lui pure che si darà a noi, nell’Eucarestia, sotto il segno sacramentale del pane.

[6] “Ti darò tutto questo potere …” La seconda tentazione in questo brano, parla del potere terreno, potere che i re ed i potenti del mondo cercano. Cerca di offrire a Gesù una scorciatoia ad essere “Messia”, cioè unto, consacrato come re. Va a toccare l’identità di Gesù come Messia, e quale tipo di messia vuole essere, e vuole il Padre.

[8] «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Il potere del mondo, però, spesso diventa un potere marcio, un culto idolatrico delle persone, e del potere stesso, che per essere conquistato e mantenuto, è disposto a schiacciare, a calpestare gli altri. La sete del potere in sé — e non dell’autorità intesa come servizio — si va a sostituire a Dio stesso, ed è diabolica.

[10] sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini … La terza tentazione è più subdola. Il diavolo cerca di usare la stessa tattica di Gesù, cerca di entrare per la sua porta, citando la Sacra Scrittura, ed il Salmo 91 (che tra l’altro è un salmo bellissimo!). Se qui la tentazione è un po’ esagerata, quasi comica, la tentazione sarà ben più grande il giovedì e venerdì santo, quando davanti alla prova, parrebbe che Dio Padre lasci il Figlio solo a soffrire, a morire, senza intervenire.

[12] Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Gesù anche a questo resiste, e rimane fedele alla sua vocazione. Si fida del progetto del Padre, anche quando non sembra proprio logico.

[13] Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato. Le tentazioni raccontate qui rappresentano un po’ tutte le tentazioni, e come si è visto, in particolare il mettere in questione, il dubitare radicalmente, della propria identità, della propria chiamata.

Prima di passare oltre, rileggiamo il brano, arricchito dai diversi commenti, e dalle cose che abbiamo notato.

Meditatio

Dopo una lettura attenta e commentate del brano, passiamo allora a riflettere sul brano e su noi stessi, prendendo spunto da alcune domande.

  • Anche noi a volte abbiamo fame, ma i bisogni della vita (il mangiare, il bere, tutta la nostra carnalità, in se tutta buona!) possono diventare sregolati. Forse anche delle dipendenze che non riusciamo più a domare. Ma quale fame cerco di soddisfare? Con cosa cerco di saziarmi, senza trovare una vera pienezza?
  • Come vivo situazione di potere, dal potere più piccolo a quello più grande? L’autorità, dove ce l’ho, la uso a favore degli altri, o per dominare, soggiogare? Quando sono schiavo della ricerca del potere e del controllo?
  • Come mi relaziono con Dio? Cerco — a volte — di controllarlo? Di dirgli cosa dovrebbe fare? O mi fido del modo in cui la Provvidenza opera nella mia vita?
  • “Se tu sei Figlio di Dio …” Anche noi siamo chiamati figlio di Dio, amati dal Signore. Dov’è che si insidia il tarlo della tentazione, che sussurra nel nostro cuore il dubbio, che Dio non ci può amare perché non siamo amabili, perché non lo meritiamo (come se l’amore di Dio fosse questione di merito)?

Naturalmente, potete aggiungere altre che emergono dalla vostra preghiera.

Oratio

Dopo un po’ di tempo in meditazione, lasciate che la vostra riflessione sfoci in preghiera, in una conversazione a tu per tu con il Signore, “come un amico parla ad un amico.” (per citare S. Ignazio) In questa conversazione, parlate con il Signore di quello che trovate in voi: forse una parola di lode e ringraziamento per un dono ricevuto, oppure chiedendo una grazia, o chiedendo perdono.

Come ogni conversazione, bisogna mettersi in ascolto. Cosa sentite in voi che il Signore sta cercando di dirvi nel profondo del vostro cuore. Quale parola di conforto, quale incoraggiamento? Dov’è che gentilmente vi spinge d’andare oltre quei limiti che vedete, per crescere in fede, speranza e carità?

Contemplatio

Infine, fermatevi in silenzio alla presenza del Signore. Quel silenzio pieno degli amici, o innamorati, che godono semplicemente nello stare insieme, dove non servono più parole.

Concludete, poi, con la preghiera Anima Christi:

Anima di Cristo, santificami.
Corpo di Cristo, salvami.
Sangue di Cristo, inebriami.
Acqua del costato di Cristo, lavami.
Passione di Cristo, confortami.
O buon Gesù, ascoltami.
Dentro le tue piaghe, nascondimi.
Non permettere che io mi separi da te.
Dal nemico maligno, difendimi.
Nell’ora della mia morte, chiamami.
Fa’ che io venga a te per lodarti
con tutti i santi nei secoli dei secoli.
Amen.

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