
Leggo con grande tristezza della morte di Don Matteo. Non lo conoscevo, ma non oso immaginare cosa può averlo portato a togliersi la vita. A quelli che rimangono, a quelli che gli volevano bene, sicuramente ci saranno tante domande, che rimarranno senza risposta. Tanto dolore. Perché al suicidio ci possono essere tanti piccoli perché, ma — in fondo — il perché più grande rimane irrisolto.
Serve parlarne, e ammiro la diocesi di avere avuto la lucidità di dirlo senza giri di parole. Sono troppo abituato a realtà (anche laiche) dove del suicidio non si parla, se non sotto voce, con toni sussurati. Don Matteo ed il suo gesto estremo non lo giudico, se non con amore, fiducioso che riposa tra le braccia del Padre. Tristezza sì, perché non oso immaginare il baratro interiore che avrà affrontato.
Non parlo di don Matteo, ma del suicidio sì. No, non per fare un post-mortem della sua situazione. Su quello meglio il silenzio, il rispetto, e la preghiera per chi sta vivendo l’estremo dolore.
Ma perché bisogna parlarne. Bisogna rompere il tabù del parlare della salute mentale, della depressione, del suicidio. Specialmente tra noi maschi.
Perché bisogna capire che intraprendere un cammino terapeutico, andare dallo psicologo e dallo psichiatra, dovrebbe essere normalizzato come andare dal medico di base per curare il diabete e l’ipertensione. Tali cammini spesso ci fanno incontrare i nostri mostri, e sono segno di forza e non di debolezza affrontarli.
Perché bisogna rompere la mentalità maledetta che i ragazzi, i maschi, non dovrebbero avere emozioni. Che “big boys don’t cry”. Che poi l’incapacità emotiva produce problemi di vari tipi, per la persona stessa e chi gli sta intorno.
Poi, a noi preti, spesso arrivano carichi importanti, chi spesso sono vissuti in grande solitudine. Non sempre troviamo il supporto giusto per attraversare momenti di profonda difficoltà. Anzi a volte, ci si confronta con difficoltà indicibili, anche causate delle incompetenze ed il pregiudizio altrui.
No, non ho risposte. Ma una cosa la dico pure, in particolare ai sacerdoti. Per favore, se state passando da momenti di inferno, non viveteli da soli. Almeno da parte mia, sappiate che la porta è sempre aperta. Senza giudizio. Non perché ho risposte da darti, ma perché sono disposto ad accompagnarti nelle domande, e non lasciarti solo nel tuo inferno. Un cammino di amicizia spirituale che non sostituisce la terapia (ti farei del male, se mi spacciassi da terapeuta), ma la può affiancare, perché il buio è meno lacerante quando non camminiamo soli.
Addio, don Matteo. Riposa in pace.
[pubblicato su Facebook il 6 luglio 2025, condividendo anche la nota della Diocesi di Novara: https://www.diocesinovara.it/addio-a-don-matteo-balzano/]
[…] reeling from the death of don Matteo Balzano, a thirty-five year old priest who took his own life (see my note here), and Malta is rightly grieving Jan Pace, found dead after a nationwide search triggered by people […]