Lottare con Dio (Genesi 32,23-33)

Alexander Louis Leloir: Giacobbe lotta con l’angelo (1865)

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La Bibbia è una biblioteca ricca e variegata che ci racconta del rapporto di Dio con l’umanità … ma non è sempre di facile lettura o comprensione. Tra i brani un po’ insoliti vi è una scena nel libro della Genesi, nel ciclo di racconti che riguardano il patriarca Giacobbe. È una scena particolare, dove Giacobbe si trova a lottare con questa figura, una lotta che in qualche modo può parlare delle nostre lotte interiori, e la Lectio che proporrò prenderà chiaramente questa chiava più spirituale.

Prima di passare oltre, per chi è nuovo a questo blog, e alla Lectio Divina, può essere utile questa piccola introduzione ed anche alcune indicazioni pratiche su come pregare.

Lectio

Il primo passo è di leggere il testo. Una lettura calma, lenta, attenta al dettaglio:

[23] Durante quella notte [Giacobbe] si alzò, prese le due mogli, le due schiave, i suoi undici bambini e passò il guado dello Iabbok. [24] Li prese, fece loro passare il torrente e portò di là anche tutti i suoi averi. [25] Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell’aurora. [26] Vedendo che non riusciva a vincerlo, lo colpì all’articolazione del femore e l’articolazione del femore di Giacobbe si slogò, mentre continuava a lottare con lui. [27] Quello disse: “Lasciami andare, perché è spuntata l’aurora”. Giacobbe rispose: “Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!”. [28] Gli domandò: “Come ti chiami?”. Rispose: “Giacobbe”. [28] Riprese: “Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!”. [30] Giacobbe allora gli chiese: “Svelami il tuo nome”. Gli rispose: “Perché mi chiedi il nome?”. E qui lo benedisse. [31] Allora Giacobbe chiamò quel luogo Penuèl: “Davvero – disse – ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva”. [32] Spuntava il sole, quando Giacobbe passò Penuèl e zoppicava all’anca. [33] Per questo gli Israeliti, fino ad oggi, non mangiano il nervo sciatico, che è sopra l’articolazione del femore, perché quell’uomo aveva colpito l’articolazione del femore di Giacobbe nel nervo sciatico.

Genesi 32, 23-33 (CEI 2008)

Cominciamo un po’ con il contesto del racconto. Siamo nel pieno del ciclo di racconti che riguardano il patriarca Giacobbe. Dopo diversi anni presso suo suocero Làbano (Giacobbe aveva sposato le sue due figlie, Lia e Rachele), Giacobbe era fuggito da lui, ma Làbano lo insegue, ed infine, arrivano ad una accordo. Adesso Giacobbe, ritornando verso Canaan, dovrà affrontare suo fratello maggiore Esaù, dal quale , anni prima, aveva sottratto il diritto di primogenitura e la benedizione del padre Isacco. Naturalmente teme questo incontro. È in questo contesto che Giacobbe sta attraversando di notte il guado dello Iabbok, con la sua famiglia ed i suoi greggi.

[23] Durante quella notte. Questa non è solo una nota cronologica. La notte è un tempo particolare. È il tempo dove si fanno le cose di nascosto, un tempo che fa paura, ma è anche il tempo dell’intimità.

[25] Giacobbe rimase solo. Il testo non ci dice perché Giacobbe non rimane con tutti gli altri, ma questo crea lo spazio per la scena che segue.

[25] un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell’aurora. Quest’uomo, questa figura pare spuntare dal nulla (e, se per questo, ritornare nel nulla). Lotta con Giacobbe, e non si capisce il perché. Non ci è svelata la sua identità. La lotta dura fino allo spuntare dell’aurora, quella soglia tra notte e giorno.

[26] Vedendo che non riusciva a vincerlo. Quando ci sarà svelato qualcosa dell’identità di questa figura, parrà ancora più strano che non riesce a vincere contro Giacobbe. Naturalmente, diversi commentatori cercano di giustificare questo, cercando una ragione, ma il testo stesso ci lascia senza spiegazione del perché sembra una lotta così alla pari, dove nessuno dei due riesce ad avere il soppravvento.

[26] lo colpì all’articolazione del femore e l’articolazione del femore di Giacobbe si slogò. Verso la fine della lotta, potremmo dire che la figura enigmatica bara, slogando il femore di Giacobbe. Pare sottolineare ancora di più quanto la lotta fosse veramente alla pare, per necessitare un tale atto. Ma comunque Giacobbe non molla la presa.

[27] “Lasciami andare, perché è spuntata l’aurora”. Finora era una scena muta. Adesso comincia il dialogo, con la figura che implora Giacobbe di lasciarlo andare. Pare che lotte così dovrebbero avvenire solo di notte.

[27] “Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!” Giacobbe ancora non molla, e la sua richiesta pare indicare che abbia colto qualcosa dell’identità particolare di questa figura. La benedizione è sempre qualcosa che parla di una relazione asimmetrica, con una gerarchia chiara. Perciò riconosce questa figura come superiore a lui.

[27] “Come ti chiami?” In antichità, ben più di oggi, il nome ha una valore molto forte. Il diritto di conoscere un nome, ancora più di dare un nome, conferisce potere sulla persona.

[28] “Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele. L’atto di dare un nuovo nome a Giacobbe è un chiaro atto di autorità. È anche una scena etiologica, cioè una che offre una spiegazione di qualcosa, in questo caso, la spiega il nome Israele. In questo versetto, la figura lo spiega così: perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!” Sulla vera etimologia del nome si è discusso tanto, ma questa etimologia popolare è quella più conosciuta.

[30] “Svelami il tuo nome”. Qui Giacobbe si azzarda a chiedere il nome, ponendosi alla pari.

[30] “Perché mi chiedi il nome?” La figura enigmatica si rifiuta di rifiuta di rivelare il proprio nome, e la propria identità. Da qui la tradizione spesso lo racconta come un angelo, cioè un messo celeste. Il testo stesso, a dire il vero, implica che sia Dio stesso. I nomi divini, in particolare, possono essere gelosamente salvaguardati, perché — come abbia visto — conoscere il nome significare avere autorità sulla persona, di poterla comandare.

[30] E qui lo benedisse. La scena chiude con la benedizione di Giacobbe.

[31] Allora Giacobbe chiamò quel luogo Penuèl. Anche questa è una etiologia, offrendo una spiegazione del nome Penuel, che significa Volto di Dio. Nel racconto, Giacobbe-Israele lo spiega così: “Davvero – disse – ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva”.

[32] Spuntava il sole. Questa nota porta completamente a chiusura la scena notturna.

[33] Per questo gli Israeliti, fino ad oggi, non mangiano il nervo sciatico. Anche qui, una nota etiologica, che spiega una della varie regole rituali legate al cibo, tuttora presente nelle kashrut ebraiche.

Ti invito adesso a ritornare a leggere il testo, arricchito da questi vari spunti.

Meditatio

Andando oltra la lettura meditata del testo, ti invito a riflettere sul brano e su te stesso, prendendo spunto di qualche domanda.

  • La scena avviene di notte, al buio. La notte che è uno spazio ambiguo: può fare paura, ma è anche spazio di intimità.
    • Dov’è che ho vissuto, o forse vivo tuttora delle esperienze di buio, di notte? Come racconteresti quella notte?
    • Dov’è che la notta, il buio, è una spazio di paura, di angoscia? Quale nome puoi dare a questa paura, a questa angoscia?
    • Dov’è che quella notta diventa anche spazio di intimità? Di interiorità profonda? Come racconteresti questo incontro?
  • Dov’è che ti trovi a lottare con Dio?
    • Quali esperienze della tua vita ti portano, a lottare con Dio?
    • Dov’è che nella tua vita fai profonda fatica con Dio? Quali domande vorresti fargli? Quali frustrazioni esprimere?
  • Dov’è che anche tu dici a Dio — con Giacobbe — “Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!”?
    • Dov’è che ti trovi — nonostante tutto — a non voler lasciare la presa?
    • Cos’è che nella tua vita fatichi a vedere come luogo di benedizione? Dove, in particolare, chiedi oggi la benedizione di Dio?
  • Non ti chiamerai più … Dio da a Giacobbe un nuovo nome. L’incontro con Dio, spesso enigmatico nella nostra vita, dona una parola particolare a ciascuno di noi, ci da un nuovo nome.
    • Quale parola di Dio trovi che parli della tua relazione con lui?
    • Quale “nome” senti che Dio darebbe a te oggi?
  • Il tempo, il luogo dell’incontro, diventa anche uno spazio sacro.
    • Quali sono questi luoghi, questi spazi, sacri d’incontro nella tua vita?
    • Quale nome ha il tuo Penuel?

Naturalmente, a queste domande di riflessione, si possono aggiungere altre che emergono dalla tua riflessione personale sul brano.

Oratio

La lettura (lectio) e la riflessione (meditatio) non sono fine a se stessi, ma ci portano poi alla preghiera (oratio), ad una conversazione a tu per tu con il Signore. Se ti trovi ancora in piena lotta con il Signore, puoi anche immagine la scena, e lasciare che questa tua conversazione avvenga proprio immedesimandoti nella figura di Giacobbe nella scena.

Parla con il Signore di quello che trovi in te. Parla delle tue lotte, delle tue fatiche. Esprimi le tue difficoltà e le tue frustrazioni. Ma non mollare mai la presa. Chiedi anche la grazia, chieda la benedizione. Forse, senti il bisogno di lodare il Signore per una grazia, per un dono ricevuto, e di ringraziarlo. Forse emerge anche una richiesta di perdono.

Perché sia un conversazione e non solo un monologo, e bene sapersi mettere in ascolto. Questa richiede più pazienza, senza forzare. Cosa sento che il Signore sta cercando di dirmi? Quale parola di conforto, quale incoraggiamento, quale benedizione? (Ricordiamoci che il Signore parla nel più intimo del nostro cuore).

Contemplatio

Infine, fermati alla presenza di Dio in silenzio. Quel silenzio pieno, fecondo, di coloro che godono semplicemente nello stare insieme, dove non servono più parole, come tra buoni amici, come tra gli innamorati.

Concludiamo, poi, con la preghiera Anima Christi:

Anima di Cristo, santificami.
Corpo di Cristo, salvami.
Sangue di Cristo, inebriami.
Acqua del costato di Cristo, lavami.
Passione di Cristo, confortami.
O buon Gesù, ascoltami.
Dentro le tue piaghe, nascondimi.
Non permettere che io mi separi da te.
Dal nemico maligno, difendimi.
Nell’ora della mia morte, chiamami.
Fa’ che io venga a te per lodarti
con tutti i santi nei secoli dei secoli.
Amen.

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